il futuro

del lavoro

è femmina

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di Silvia Zanella

Nei primi mesi del nuovo anno la parola cambiamento ha danzato tra i pensieri e le azioni di ognuno di noi, ponendo interrogativi e incertezze sul futuro del mondo lavorativo. Aziende e professioni hanno messo in campo talenti, conoscenze e tecnologie per rispondere con determinazione alle necessità urgenti dovute agli effetti trasversali del Covid-19. Un cambiamento improvviso e imprevedibile, che ha accelerato processi e trasformazione digitale, ponendo l’accento sulla necessità di innovare attraverso le competenze e autonomia del singolo.

“Il cambiamento è già in corso, e a una velocità che aumenterà sempre più esponenzialmente, anche per il concorrere di altre trasformazioni epocali”, Silvia Zanella

Come lavoreremo domani? Il futuro presente ci ha mostrato un’anteprima dello scenario a cui ci stiamo avvicinando in modo accelerato: ridefinizione degli spazi e dei tempi di lavoro, apertura alla tecnologia in ogni fase e processo aziendale, ridefinizione delle competenze professionali.
C’è chi il cambiamento nel mondo del lavoro lo aveva già colto e studiato ben prima dell’emergenza Covid-19, che ha solo accelerato alcuni trend: Silvia Zanella, esperta di comunicazione per le risorse umane in una grande società di consulenza, ci racconta il cambiamento da una prospettiva apparentemente insolita e marcatamente realistica, nel suo libro appena pubblicato da Bompiani: Il futuro del lavoro è femmina.

“Il futuro del lavoro è femmina, perché una chiave di lettura al femminile serve per narrarlo, comprenderlo e governarlo meglio”, Silvia Zanella

Femminili saranno le competenze e l’approccio necessari per cavalcare il cambiamento, senza subirlo e rispondendo alle trasformazioni in atto in termini di spazio, competenze, relazioni, tempo e identità. Un cambiamento che riguarda tutte e tutti. Perché per affrontare un cambiamento che stravolge un passato consolidato, puntare sull’umano e sulle sue competenze è la strategia che traghetterà le aziende e i nuovi leader alla vittoria.
Silvia propone un punto di vista ampio e completo, fatto di analisi, dati e risposte, utili ad aziende, lavoratori, università e studenti. Ci racconta cosa sta dietro al cambiamento continuo che stiamo vivendo, ma anche come affrontarlo e come cambiare prospettiva. Non esisterà più “il lavoro della vita”; faremo tanti lavori e diversi tra loro. Ci dovremo formare sempre più, trasversalmente. Vincerà una leadership che si adatta al cambiamento, capace di collaborazione, ascolto, fiducia e inclusione, di organizzazione orizzontale, aperta al network, in grado di concentrarsi sugli obiettivi e sull’output, di valorizzare i talenti, così come le differenze tra generazioni molto diverse, che convivono sempre più; capaci di ridefinire lo spazio e il tempo nel modo più fluido e libero.

Quali sono gli occhiali che consigli di indossare a chi affronta la lettura del tuo libro, per non cadere nel pregiudizio e luogo comune: femminile, non donna?

“Il titolo del libro è volutamente forte, perché il significato della parola “femmina”, insieme ai valori e all’immaginario che evoca, ha una connotazione d’impatto. Consiglio la lettura a tutti coloro che, oltrepassando la barriera del pregiudizio, abbiano la determinazione di disegnare, insieme alla propria organizzazione, il cambiamento concreto e le modalità di lavorare del domani, tenendo conto di una visione aperta e inclusiva.”

Quali sono le caratteristiche e competenze al femminile che meglio rispondono all’imprevedibilità del cambiamento e alla trasformazione del mondo del lavoro?

“Sono competenze difficilmente replicabili da una macchina, diversamente dalle competenze tecniche. Le soft skills, ma preferisco chiamarle human skills, sono caratteristiche che tipicamente, anche stereotipicamente, sono più ascritte ai tratti femminili: capacità di generare relazione, capacità di lavorare in ecosistemi complessi, predisposizione all’inclusività e all’ascolto. Sono caratteristiche tipiche di un approccio al femminile che, fino a oggi, non hanno trovato sufficiente spazio nelle aziende, restituendo una visione d’insieme più completa che si contrappone al dirigismo “command and control”.

Come consiglieresti di sviluppare e allenare le soft skills, indipendentemente dall’essere donna o uomo?

“Credo che ci sia una calzante necessità di modelli e visioni alternative; le soft skills devono trovare terreno fertile all’interno della cultura aziendale, uno spazio che sia in grado di gratificare approcci di apertura e inclusività. Coltivarle significa applicarle quotidianamente, in prima persona, in ogni aspetto della vita professionale.
Esistono esempi concreti di educazione alle soft skills, penso a modelli educativi dei Paesi Nordici, dove le competenze umane – quali la capacità di comunicare, di coltivare leadership aderenti ai cambiamenti, l’attitudine all’inclusività e diversità – sono diffuse tra i banchi di scuola.”

Cosa possiamo fare noi, in prima persona come giovani professioniste, per accompagnare la cultura del cambiamento e portare un nuovo mindset all’interno delle strutture aziendali?

“Sicuramente aprire una breccia al cambiamento è un’impresa coraggiosa. La cultura aziendale, l’esperienza lavorativa e il contesto familiare sono concetti radicati nel singolo e difficili da scardinare. Trovare uno spazio di dialogo e confronto con interlocutori in grado di mettersi in discussione è il primo passo per instaurare un approccio costruttivo.
A chi vuole essere il portavoce del cambiamento consiglio di fare delle proprie azioni un esempio concreto, un approccio dimostrativo quotidiano. Inoltre, credo che ci sia già una breccia da cui partire: le aziende sono pronte all’ascolto”.

“Il futuro del lavoro è femmina” coinvolge anche aspetti relazionali e di social recruiting, caratteristiche riscontrabili, oltre che nei caratteri marcatamente femminili, nelle nuove generazioni collaborative come la Generazione Z e i Millenials (Generazione Y). Quale consiglio alle giovani professioniste che si affacciano a nuovi lidi professionali?

“Consiglio di raggiungere una precisa consapevolezza della propria identità e visione del modello a cui si vuole tendere. Inoltre è essenziale definire le proprie competenze, analizzare il contesto in cui ci muoviamo e quali sono le motivazioni. Messi a terra i punti cardine, bisogna pensare a come si comunica la propria professionalità, considerando le leve del personal branding in ottica strategica e proiettiva”.

Un grazie speciale a Silvia per averci donato una chiave di lettura preziosa con cui navigare con saggezza nel mare del cambiamento. Per chi volesse scoprire l’interessante carriera professionale di Silvia e il frutto delle sue analisi, consigliamo la visione del Talk TEDxDarsena.

Da Young Women Network, 2 luglio 2020

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