L’Italia deve tornare a crescere. La crisi che il nostro paese sta attraversando non è solo economica: è anche civile, sociale e morale.

La stagnazione della produttività, che le statistiche ben documentano, va di pari passo con un declino più generale del paese, che vediamo nella demografia, nel capitale umano e sociale, nella qualità delle classi dirigenti. Questa situazione spiega perché una parte del paese abbia una paura crescente del futuro e dell’ “altro” e, pertanto, reagisca chiedendo chiusura e protezione.

La risposta a questa tendenza al regresso deve nascere nella società e dall’opinione pubblica attraverso un lavoro culturale, nel senso più alto e ampio del termine.

Base nasce per dare forma e sostanza a tale risposta.

Non si capisce la situazione attuale se non la si mette nella giusta prospettiva storica. La crisi italiana non nasce con la recessione del 2008: risale a molto prima. È almeno dagli anni Settanta che la classe dirigente italiana ha abdicato al suo ruolo di modernizzazione del paese. Di fronte ai grandi mutamenti imposti dalla globalizzazione, dal cambiamento tecnologico e dalla sfida della sostenibilità, anziché investire in formazione e innovazione il Paese ha cercato di resistere al cambiamento, finanziando a debito la sua crescita. Il risultato è quello che vediamo oggi: una nazione che, accanto a molte eccellenze imprenditoriali e sociali, è vittima di una diffusa arretratezza in molti ambiti: nell’economia, con una struttura produttiva iper-frammentata incapace di competere internazionalmente; nell’organizzazione dello Stato, appesantito da una mole normativa disfunzionale e barocca; nel mercato del lavoro, dove l’attenzione al capitale umano e la formazione continua sono delegati alla buona volontà dei singoli; nella difesa dell’ambiente e nello sviluppo di un sistema economico più sostenibile; nei diritti civili e nella fatica che la nostra società sembra fare nel riconoscere che il pluralismo e l’apertura sono valori e non minacce; e nella generale e diffusa convinzione che l’altro sia una minaccia e non un’opportunità di arricchimento, e che dunque l’incontro con l’altro sia qualcosa da cui ci si debba difendere, invece di auspicarlo.

Se prendiamo coscienza di queste dinamiche capiremo meglio perché oggi gran parte del dibattito politico ruota attorno all’isolamento nazionalistico e potremmo mettere in atto le opportune azioni per superarlo.

L’obiettivo di Base è dunque quello di aiutare la comprensione di queste dinamiche di lungo termine, promuovere la riflessione sulle cause e la ricerca di soluzioni, e favorire l’incontro e l’aggregazione di diversi mondi da cui può nascere una leadership diffusa.

Abbiamo bisogno delle miglior classe dirigente in grado di esprimere e rappresentare le esigenze della società e di prendere decisioni facendosi carico della complessità, solo così si potranno affrontare le patologie del Paese e le terapie individuate potranno essere accolte e condivise diventando patrimonio comune del Paese.

Il sovranismo sgorga proprio dal messaggio semplicistico secondo cui le nostre difficoltà sono da attribuire a un nemico esterno (all’altro, appunto): la risposta al sovranismo, di conseguenza, deve per forza fare seguito a un percorso di consapevolezza, che aiuti a cogliere le radici profonde del problema e a perseguire un sentiero di sviluppo (con l’altro). Lo scontro tra società ed élite è un imbroglio, è in corso uno scontro tra establishment nel quale chi rivendica di rappresentare la società è solo più efficace nel tesaurizzare paure, disagio, e rancore.

Base ha a cuore tutti i luoghi del paese, si occupa di riportare protagonismo in quelli più trascurati, le aree interne, le periferie. Luoghi che non si rappresentano col turismo elettorale delle élite, ma abitandoli.

Dobbiamo lottare contro le diseguaglianze, lavorare sull’inclusione, rimettere le persone al centro e comprendere quale impatto vogliamo avere sulla società e sull’ambiente. Un principio che ci guida è quello della sostenibilità.

La valorizzazione dell’ambiente in generale, e la lotta al cambiamento climatico in particolare, deve entrare sempre più nella funzione di produzione delle imprese, e divenire – assieme al lavoro – uno dei valori fondanti della nostra società. Sarebbe sbagliato, tuttavia, vedere nella sostenibilità una forza contraria a quella del progresso e dell’inclusione sociale: è vero il contrario. Proprio le nuove tecnologie ci possono aiutare a ridurre, rapidamente e con costi accettabili, l’impronta ambientale delle nostre società. Infatti, è solo grazie alla disponibilità di tecnologie innovative, che hanno nella digitalizzazione il principale fattore abilitante, che possiamo sostituire macchinari inquinanti con altri più eco-efficienti, generatori alimentati da fonti fossili con altri privi di emissioni, motori poco rispettosi dell’ambiente con altri dotati di tutte le cautele necessarie. Questi cambiamenti richiedono investimenti massici, nella sostituzione del capitale diffuso (automobili, macchinari industriali, ecc.), nella costruzione di adeguate infrastrutture (reti energetiche, sistemi di ricarica per i veicoli elettrici o alimentati a idrogeno, ecc.), nel recupero e riutilizzo dei materiali e nel mutamento dei modelli di consumo. Il ruolo della politica deve essere quella di favorire una transizione progressiva verso stili di produzione e consumo sempre più sostenibili, salvaguardando e anzi migliorando il tenore di vita delle persone e delle generazioni future.

Base vuole quindi essere, anzitutto, un luogo di incontro tra persone provenienti da mondi diversi che nel nostro paese faticano ad integrarsi, a dialogare. Base vuole anche essere il catalizzatore per un progetto che sappia guardare oltre al breve termine e si interroghi sul bene del paese nel lungo periodo. Occorre costruire un rapporto sistematico e articolato con le forze sociali, i corpi intermedi, e tutte le organizzazioni portatrici di valori e di significato sociale.

Base crede nella possibilità di un nuovo riformismo che parta dal basso che sia inclusivo e democratico e che non sia invece un programma “calato dall’alto”.

Bisogna cercare tutto ciò che unisce il paese, anziché dividerlo: l’Italia ha bisogno di ritrovare una visione e una speranza condivise, che sono impossibili senza ricostruire empatia e fiducia nel prossimo e nel domani; e che non possono avere altri fondamenti che il lavoro e la sostenibilità dello sviluppo. Pertanto, i numerosi sintomi di malessere che emergono dalla società italiana – e su cui si innestano le risposte di pancia che abbiamo descritto, che vanno dal razzismo al rifiuto della società aperta e plurale, dalla negazione della concorrenza alle pulsioni anti-europee – vanno ascoltati e compresi. L’opposto del populismo non è la negazione dei problemi, ma la loro soluzione. L’inizio della soluzione non può che essere il riconoscimento della nostra appartenenza al grande disegno di unificazione europea: un progetto che nasce con un fine politico, la pace, e lo persegue attraverso uno strumento economico, l’integrazione e il mercato.

Base è fondata sulla convinzione che la riscossa civile del paese passi necessariamente per la ricostruzione dei legami sociali e la riorganizzazione degli spazi di comunità. Ogni progetto umano deve guardare lontano con pensieri impegnativi, lunghi e ricostruire spazi di protagonismo in cui le persone si sentano utili, coinvolte nel cambiamento.

Non esiste crescita economica e civile senza un radicamento umano e sociale.

Non esiste una casa comune senza una solida Base.

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