il piano

sovranista

di Macron

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di Sandro Trento

La Francia ha appena reso pubblico il proprio Piano di rilancio economico, France Relance (FR), finanziato al 40 per cento dal Recovery Fund europeo.  Un piano di 100 miliardi, che fa seguito al piano tedesco di 130 miliardi di euro. FR è articolato in 70 misure suddivise in tre grandi capitoli: Transizione ecologica; Competitività e Coesione sociale.

Macron, nella presentazione del Piano, delinea un orizzonte che arriva al 2030 e dichiara che l’obiettivo è quello di avere una Francia più indipendente, più verde, più competitiva e attrattiva.

I 100 miliardi sono suddivisi in 30 miliardi sulla transizione ecologica; 35 miliardi sulle politiche industriali e 35 miliardi su coesione e sanità.

FR è un piano interamente focalizzato sull’offerta, il filo rosso che unifica i tanti provvedimenti è quello di rafforzare e rilanciare la capacità produttiva, tutelare l’occupazione, spingere sull’innovazione. A differenza del Piano tedesco, quello francese non contiene misure per stimolare la domanda interna. E’ un vero piano mirato sul lato degli investimenti e della struttura produttiva.

Leggendo le 300 pagine che compongono FR si intravede un grande sforzo di progettazione, si riconosce la lunga e solida tradizione transalpina dello Stato pianificatore. Dopo 14 anni viene riesumato il concetto di “Piano nazionale”, che era stato abbandonato.

E il termine “nazionale” non è usato per caso. Il Piano francese sembra nascere da un grande timore che deve essersi diffuso a Parigi: quello di vedere minacciata la propria indipendenza. Su questo punto torneremo tra breve.

La transizione ecologica non è vista solo come riduzione delle emissioni. L’obiettivo è molto ambizioso, è il passaggio all’utilizzo dell’idrogeno come fonte energetica, a questo capitolo sono destinati 9 miliardi. Sembra evidente che la Francia voglia puntare su una maggiore indipendenza energetica e l’idrogeno è la fonte destinata a sostituire nucleare e idrocarburi. Ma non solo. Nel Piano sono previsti fondi per realizzare aerei, treni, batterie per le auto elettriche; missili spaziali all’idrogeno.

Vi sono poi investimenti su infrastrutture e trasporto pubblico (11 miliardi), ferrovie in primis.

Il capitolo sulla Competitività è quello che meglio chiarisce la filosofia di FR. Le misure di politica industriale sono raggruppate sotto il titolo Souveraineté technologique . La Francia in altre parole intende riconquistare o conquistare una sua “sovranità produttiva”.  La risposta francese al blocco degli approvvigionamenti, alle interruzioni nelle catene del valore dovuti alla pandemia e al lockdown sembra essere quella di sognare un paese in qualche modo più autosufficiente. 11 miliardi sono destinati a investimenti nelle tecnologie strategiche (PIA – Piano di investimenti dell’avvenire, evocativo anche il titolo), complessivamente 20 miliardi tra il 2021 e il 2025. Macron non ha paura di individuare i settori da finanziare: tecnologie numeriche, intelligenza artificiale, biomedicale, energia, agricoltura e sovranità alimentare (!), trasporti e mobilità, città del futuro. Ma ci sono fondi anche per l’automobile e per il settore aeronautico. La cybersecurity è un altro capitolo che ha la massima attenzione, e anche questo in chiave di indipendenza, sicurezza nazionale, sovranità tecnologica.  

1 miliardo di euro è destinato a favorire il “reshoring” su territorio francese di lavorazioni oggi all’estero.

Vi sono poi 10 miliardi per la riduzione della tassazione gravante sulle imprese nel 2021 e altri 10 per il 2022, la riduzione tuttavia sarà permanente e quindi verrà poi finanziata su base continuativa. 3 miliardi di euro sono destinati alla ricapitalizzazione delle piccole e medie imprese.

Il terzo capitolo, coesione, ha come cardine la sanità (6 miliardi) e la formazione dei giovani (2 miliardi), life-long learning (1 miliardo) e formazione per tutelare e rafforzare l’occupabilità dei lavoratori (7,6 miliardi).

Insomma, FR è interessante e dettagliato. In vari casi sono indicate anche le variabili che verranno usate per monitorare i risultati raggiunti. E’ coraggioso individuare con chiarezza i cambiamenti che si vogliono facilitare nel sistema produttivo. Scegliere i settori da finanziare con i fondi pubblici è sempre rischioso, ma forse oggi è più rischioso non scegliere o dare aiuti a pioggia.

Alcuni aspetti lasciano perplessi.

La logica è quella di rendere la Francia più autonoma e indipendente. Si punta sull’idea che sia possibile aumentare la sovranità tecnologica e produttiva quasi come se ci si dovesse preparare a un lungo isolamento. Alla sovranità macroeconomica dei populisti, Macron contrappone la sovranità microeconomica dell’energia e della tecnologia. Il termine “globalizzazione” non viene mai usato nelle 300 pagine del Piano. La stessa parola “Europa” è quasi assente. Cosa ha in testa Macron? Di fare della Francia una potenza autosufficiente?

Su molti filoni forse sarebbe stato più sensato usare i fondi del Recovery Fund in chiave europea. Prendiamo l’idrogeno. Anche la Germania, nel proprio Piano di rilancio, ha stanziato 9 miliardi (curiosa la congruenza delle cifre con il Piano francese). Non era forse meglio prevedere un grande piano europeo per l’idrogeno e giungere a una massa critica di investimenti significativa, evitando le duplicazioni?

La prospettiva italiana certo dovrà essere molto diversa da quella francese. Noi non possiamo prescindere da un’analisi di quale possa e debba essere la nostra collocazione nei mercati internazionali, nella divisione internazionale della produzione, nella nuova globalizzazione post-Covid. L’Italia, a differenza della Francia, non ha molte grandi imprese, è molto più integrata a livello mondiale e rischia di diventare un paese unicamente fornitore di componentistica e beni intermedi. Un Piano italiano andrebbe innanzitutto predisposto al più presto.

da Il Foglio, 9 settembre 2020

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