La

felicità

sostenibile

La-felicita-sostenibile

di Leonardo Becchetti

Perché la pandemia ha mandato in soffitta il laissez faire (e le ricette populiste). Semplificando in maniera grossolana esistono due poli di visione dell’economia. Secondo il primo è la somma della vitalità dei comportamenti individuali tesi alla massima soddisfazione personale (utilità dei cittadini e profitto delle imprese) che fa crescere ed evolvere quasi spontaneamente il sistema. Questa visione ottimistica nasce dal primo teorema dell’economia del benessere neoclassica dove la mano invisibile del mercato converte automaticamente attraverso il sistema dei prezzi la somma degli ottimi individuali in un ottimo sociale. La seconda parte dell’economia spiega però poi che questa conclusione così ottimistica e un po’ ingenua è un caso limite perché non si applica appena ci si rende conto dei cosiddetti fallimenti del mercato (ovvero dell’incapacità del mercato che è un meccanismo eccezionale e provvidenziale di farcela da solo) dettati dalla presenza di beni pubblici (beni che i privati non hanno interesse a produrre in quantità desiderate dalla società perché non in grado di appropriarsi dei vantaggi economici della loro produzione) e esternalità positive e negative. Ovvero, in questo secondo caso, semplicemente la constatazione che non viviamo le nostre vite su binari separati ma che abbiamo un grande potere/responsabilità perchè tutto quello che facciamo ha indirettamente e non intenzionalmente un effetto positivo o negativo sulla vita altrui. Così è per l’inquinamento o più semplicemente per il congestionamento stradale dove la decisione “individualmente ottimale” di ciascuno di prendere l’automobile per fare pochi metri in realtà crea un danno alla collettività contribuendo al congestionamento del traffico.

Le circostanze storiche e gli eventi che accadono rendono più “salienti” (più evidenti agli occhi dei cittadini) le caratteristiche del primo o del secondo modo di guardare all’economia.

Lo shock della pandemia ha reso particolarmente evidente agli occhi dei cittadini che la visione ottimistica del laissez faire è un colabrodo. Mai come in questi ultimi mesi le esternalità positive e negative (indosso la mascherina, adotto le misure di precauzione e quindi riduco la possibilità di contagi o viceversa) sono state palesi ed evidenti anche ai non addetti ai lavori. E mai come in questo caso l’importanza dell’investimento in beni pubblici (i letti di terapia intensiva, la forza del sistema sanitario) è stata compresa a seguito della dura realtà dei fatti.

La pandemia è stata per tutti una lezione purtroppo dolorosa di come, di fronte a problemi globali importanti, lo spontaneismo quasi anarchico del laissez faire produce disastri ed è inadatto come criterio guida per l’economia. E questa lezione ha contribuito a mio avviso a determinare uno spostamento di preferenze dalle forze politiche della destra populista (meno organizzate e sensibili al coordinamento nazionale ed internazionale e più orientate al laissez faire) a quelle del centro-sinistra La speranza è che questo ci serva di monito per affrontare con maggiore percezione delle interdipendenze e maggior dosi di coordinamento e cooperazione l’altro grande problema globale meno visibile che è quello climatico.

Tutto questo non vuol dire un pendolo che ritorna precipitosamente all’altro estremo di uno statalismo soffocante. La ricetta dell’economia civile è quella di regole, incentivi e istituzioni intelligenti che sanno liberare le energie della società civile in tutte le sue forme (imprese, cittadinanza attiva, enti intermedi). Ma che le dirigono sul sentiero della sostenibilità e della resilienza per evitare che la macchina vada a sbattere.

Insomma dal caos spontaneo e disorganizzato degli spiriti animali in libera uscita (e spesso miopemente incapaci di capire le conseguenze di medio termine di scelte ambientalmente e socialmente irresponsabili) non si passa all’opposto di un’economia pianificata di mercato ma al giusto mezzo di istituzioni che fanno da enzima, catalizzatore e stimolo che libera le energie dei privati evitando che finiscano in direzioni sbagliate e controproducenti.

da La Repubblica, 24 agosto 2020

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